lunedì 2 giugno 2008

IL GRADO ZERO DEL BIT

Il complesso di regole alla base di quest’architettura informatizzata ha perso da tempo il riferimento bidimensionale, per assoggettarsi ad una logica tridimensionale, dove il problema della rappresentazione attraverso i modelli numerici è stata rimpiazzata dai modelli matematici. Come in Flatlandia[1] ci è stato reso possibile entrare nella terza dimensione così attraverso i nuovi software di modellazione (3D studio Max, Rhinoceros, Maya) è possibile far interagire dinamicamente le forme/superfici progettate con gli elementi presenti nell’area di progetto per poi essere riprodotti nel prototipo virtuale a tre dimensioni. La modellazione è sempre stata utilizzata per verificare la fattibilità o la bontà di un’idea o di un’invenzione, con l’introduzione dell’informatica si è progressivamente offuscata l’attitudine artigianale del modello, trasformandosi in un mix tra prototipo ed oggetto di produzione, combinando così la capacità di simulare il comportamento dell’oggetto nel mondo reale e la possibilità di modificarsi attraverso successivi adattamenti. Il modello digitale, ha modificato fortemente la concezione di modello, diventando uno degli strumenti fondamentali del formarsi dell’idea progettuale, quindi non più un operazione di verifica della visione progettuale, ma parte integrante di un unico processo interattivo di ideazione, misurazione e realizzazione del progetto.
In questo modo alle entità (i volumi e le superfici delle forme del progetto) vengono conferite proprietà vettoriali prima di essere introdotte all’interno di uno spazio differenziato da gradienti di forze. Invece di uno spazio di progetto neutrale e astratto, il contesto di progetto diventa uno spazio astratto attivo che dirige la forma all’interno di una corrente di forze che possono essere registrate come informazioni nella conformazione (shape) della forma. [….] L’architettura può essere modellata come un elemento attivo immerso nei flussi dinamici.[2]È rivoluzione! In questo modo i software contribuiscono alla creazione di forme complesse, deformate, fluide, interconnesse e dinamiche dove l’idea del suolo come una piattaforma di base è abbandonato, per trasformarsi in sistema integrato con le nuove geometrie teso a definire forme articolate e versatili. Il processo di trasformazione, quindi, dal punto di vista geometrico è strettamente legato all’adozione di curve e superfici basate su algoritmi parametrici. Questo sistema geometrico consente la possibilità di deformare, stirare, comprimere e allungare un oggetto, in questo modo è agevole il passaggio da forme semplici/primitive a forme complesse. L’oggetto acquisisce qualità plastiche garantendo anche una connotazione estetica. In particolare alla modellazione solida e alla geometria delle NURBS è affidato il compito di descrivere la genesi delle superfici che plasmano le nuove architetture del paesaggio.

[1]Flatlandia è il romanzo scritto da Abbott nel fine ottocento, dove viene descritto un ipotetico mondo bidimensionale, popolato da esseri bidimensionali tra i quali il quadrato, che descrive in prima persona le caratteristiche del mondo bidimensionale. Il quadrato viene rapito dalla sfera che gli rivela l’esistenza di altri mondi, dalla quello a tre dimensione a quello ad una dimensione (Lineland) fino a quello adimensionale (Pointland). La metafora del racconto serve all’autore per descrivere il concetto di dimensione individuando in esso gli elementi utili a caratterizzare un dato oggetto nello spazio e/o un certo momento nel tempo.
[2] Vedi: Greg Lynn, Animate Form, Princeton Architectural Press, New York, 1999, p.11, in, Matteo Zambelli, Landform Architecture, EdilStampa, Roma, 2006

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