martedì 24 giugno 2008

Modello e modellazzione tra oggettivo e soggettivo (premessa)

L’avvento dell’informatica in architettura ha progressivamente sostituito l’idea di modello come strumento di verifica di ipotesi con un approccio di tipo deduttivo all’interno del quale la modellazione informatica ricopre un ruolo attivo nella genesi del progetto, poiché proprio il ‘processo’ diviene il centro della ricerca progettuale.In particolare, la capacità dei modelli informatici di raccogliere ed elaborare velocemente una grande quantità di dati permette di ottenere simulazioni molto efficaci del comportamento e dell’aspetto che l’edificio avrà una volta costruito.Questo tipo di modellazione offre, infatti, la possibilità di introdurre dati oggettivi all’interno del processo progettuale, come trasformazioni geometriche su base matematica, calcoli strutturali, requisiti illuminotecnici, in modo che essi influiscano direttamente sul risultato finale.Il modello informatico possiede due peculiarità riferibili alla capacità di reagire alle informazioni fornite dal progettista (input): la possibilità di autorigenerazione del modello in base alle variazioni dell’input e, in alcuni casi, la capacità di autorganizzazione e autoaccrescimento (autopoiesis).Seguendo i principi di ‘azione-reazione’, nonché di ‘retroazione’, il processo progettuale si autoalimenta in una continua circolarità, della cui evoluzione la sintesi progettuale rappresenta solo un’istantanea, un fermo-immagine.La relativa semplicità d’uso di alcuni software di modellazione non deve, però, indurre a pensare ad uno spostamento del ruolo dell’architetto da figura attiva del processo progettuale a semplice selezionatore di forme prodotte dal computer. Tale visione, infatti, comporterebbe una totale omologazione dei risultati e una conseguente scarsa efficacia dello strumento informatico di modellazione, che diverrebbe inutile se ci si limitasse semplicemente ad esplorare possibilità formali generate in modo autonomo.È necessario, dunque, che il progetto come atto individuale, dunque soggettivo, intervenga a garantire la necessaria autonomia del pensiero del suo autore, come elemento di innesco o di destabilizzazione del processo matematico, per sua natura oggettivante.Sebbene ogni atto progettuale viva della continua interrelazione tra oggettività dei dati e soggettività del processo, viene da chiedersi come e in che modo il modello informatico si ponga all'interno di queste due polarità.La nostra ricerca indaga, attraverso gli esempi che seguiranno, due approcci possibili: il primo individua il modello informatico come strumento di oggettivazione di premesse soggettive; il secondo, viceversa, lo analizza come strumento di ricerca soggettiva a partire da dati oggettivi.La differenza tra i due approcci dipende essenzialmente dalle modalità con quali vengono parametrizzati i dati progettuali, nonché dalla scelta dei dati stessi e delle priorità che vengono loro assegnate in relazionate allo scopo finale che il progettista si prefigge.

Carlo Gamboni
Marco Marrocchi

lunedì 2 giugno 2008

IL GRADO ZERO DEL BIT

Il complesso di regole alla base di quest’architettura informatizzata ha perso da tempo il riferimento bidimensionale, per assoggettarsi ad una logica tridimensionale, dove il problema della rappresentazione attraverso i modelli numerici è stata rimpiazzata dai modelli matematici. Come in Flatlandia[1] ci è stato reso possibile entrare nella terza dimensione così attraverso i nuovi software di modellazione (3D studio Max, Rhinoceros, Maya) è possibile far interagire dinamicamente le forme/superfici progettate con gli elementi presenti nell’area di progetto per poi essere riprodotti nel prototipo virtuale a tre dimensioni. La modellazione è sempre stata utilizzata per verificare la fattibilità o la bontà di un’idea o di un’invenzione, con l’introduzione dell’informatica si è progressivamente offuscata l’attitudine artigianale del modello, trasformandosi in un mix tra prototipo ed oggetto di produzione, combinando così la capacità di simulare il comportamento dell’oggetto nel mondo reale e la possibilità di modificarsi attraverso successivi adattamenti. Il modello digitale, ha modificato fortemente la concezione di modello, diventando uno degli strumenti fondamentali del formarsi dell’idea progettuale, quindi non più un operazione di verifica della visione progettuale, ma parte integrante di un unico processo interattivo di ideazione, misurazione e realizzazione del progetto.
In questo modo alle entità (i volumi e le superfici delle forme del progetto) vengono conferite proprietà vettoriali prima di essere introdotte all’interno di uno spazio differenziato da gradienti di forze. Invece di uno spazio di progetto neutrale e astratto, il contesto di progetto diventa uno spazio astratto attivo che dirige la forma all’interno di una corrente di forze che possono essere registrate come informazioni nella conformazione (shape) della forma. [….] L’architettura può essere modellata come un elemento attivo immerso nei flussi dinamici.[2]È rivoluzione! In questo modo i software contribuiscono alla creazione di forme complesse, deformate, fluide, interconnesse e dinamiche dove l’idea del suolo come una piattaforma di base è abbandonato, per trasformarsi in sistema integrato con le nuove geometrie teso a definire forme articolate e versatili. Il processo di trasformazione, quindi, dal punto di vista geometrico è strettamente legato all’adozione di curve e superfici basate su algoritmi parametrici. Questo sistema geometrico consente la possibilità di deformare, stirare, comprimere e allungare un oggetto, in questo modo è agevole il passaggio da forme semplici/primitive a forme complesse. L’oggetto acquisisce qualità plastiche garantendo anche una connotazione estetica. In particolare alla modellazione solida e alla geometria delle NURBS è affidato il compito di descrivere la genesi delle superfici che plasmano le nuove architetture del paesaggio.

[1]Flatlandia è il romanzo scritto da Abbott nel fine ottocento, dove viene descritto un ipotetico mondo bidimensionale, popolato da esseri bidimensionali tra i quali il quadrato, che descrive in prima persona le caratteristiche del mondo bidimensionale. Il quadrato viene rapito dalla sfera che gli rivela l’esistenza di altri mondi, dalla quello a tre dimensione a quello ad una dimensione (Lineland) fino a quello adimensionale (Pointland). La metafora del racconto serve all’autore per descrivere il concetto di dimensione individuando in esso gli elementi utili a caratterizzare un dato oggetto nello spazio e/o un certo momento nel tempo.
[2] Vedi: Greg Lynn, Animate Form, Princeton Architectural Press, New York, 1999, p.11, in, Matteo Zambelli, Landform Architecture, EdilStampa, Roma, 2006

ORIZZONTI DELLA COMPLESSITA'

Le progressive conquiste del pensiero scientifico contemporaneo hanno contribuito al consolidarsi dell’idea di una realtà in continuo mutamento e dominata da eventi spesso incerti e imprevedibili.
In questo scenario di indeterminatezza che fa da sfondo al reale, necessariamente si ricerca una stabilità del sistema, in grado di autoregolarsi nonostante le possibili variazioni. La stabilità nella sua accezione dinamica è una caratteristica dei sistemi complessi e questa capacità di trasformare le variazioni di prestazioni del sistema stesso in nuove differenze significative, soprattutto in una continua sintesi delle stesse, contribuisce a disegnare la struttura della realtà come una trama complessa, costituita da repentini scambi e connessioni multiple. Un sistema si definisce allora “dinamicamente stabile, o autoreferenziale, quando è in condizione di operare come una macchina che continuamente rigenera l’organizzazione dei suoi componenti e il sistema di produzione dei suoi significati, e lo fa in un turnover senza fine e in presenza di continue perturbazioni”[1]. Di fronte alle nuove condizioni, discipline anche distanti, cercano tra loro dei collegamenti trasversali, col fine di interagire alla ricerca di nuove coesioni e strategie comuni.
L’architettura non rimane indifferente all’affermarsi del pensiero della complessità e se ne rintracciano i connotati nel processo creativo dell’architetto. Come aveva anticipato Venturi, nel ’66, affermando “mi riferisco ad un’architettura complessa e contraddittoria basata sulla ricchezza e sull’ambiguità dell’esperienza moderna”[2] , intendeva sostenere la convivenza di elementi ibridi con quelli puri e le certezze con l’indeterminazione elevando a nuova dignità la nozione di complessità.
Così la varietà funzionale e formale, la ricerca di soluzioni espressive diverse e l’emulsione di interazioni e innovazioni diventano gli elementi che definiscono i nuovi orizzonti (complessi) dell’architettura.
La rivoluzione tecnologica/informatica rappresenta il mezzo attraverso cui il pensiero complesso si manifesta e la diffusione di dispositivi digitali ha permesso di aprire nuove finestre su cui si affacciano i processi di formalizzazione delle forme e dello spazio architettonico.
I termini come complessità, interconnessioni, ibridazione e multi task sono i concetti-chiave per comprendere le origini del nuovo linguaggio architettonico sviluppato attraverso gli strumenti informatici. Gli strumenti stessi hanno trasformato, insieme all’evoluzione delle tecniche informatiche di rappresentazione e di modellazione tridimensionale sia l’ambito esecutivo sia quello teorico del progetto d’architettura.
Il rapporto tra tecniche di rappresentazione ed oggetti rappresentati determina, in qualche modo, l’esito della progettazione. Questo significa che il modello oltre a costituire un mezzo di lavoro è anche un congegno cognitivo. Senza entrare in merito a questioni di carattere percettivo possiamo affermare che il modello tridimensionale raffigura la nuova estensione tecnologica della dimensione cognitiva, in quanto in esso proiettiamo contenuti e processi creativi del nostro comporre. In questo modo si ottiene un passaggio tra la fase del disegno bidimensionale, che per sua rappresentazione è una visione parziale dell’oggetto, e il modello digitale tridimensionale che rappresenta una simulazione il più vicino alla realtà e che contiene un infinito numero di informazioni di natura geometrica e costruttiva.
In che modo la simulazione diventa importante? L’evoluzione informatica e dei software di settore ormai si basa sui sistemi parametrico-associativi, cioè su relazioni associative tra singoli elementi e gruppi di elementi, che conferiscono al progetto una visione dinamica della modificazione degli oggetti attraverso la variabilità dimensionale. La variabilità consente di modificare il valore dei parametri dimensionali, fornendo una corrispondente trasformazione dell’entità geometrica a cui il parametro fa riferimento. Questo significa che la simulazione rappresenta la nuova struttura concettuale di approccio verso la progettazione consentendo la modificazione della forma dello spazio, attraverso principi topologici incorporati nella strategia di progetto, manifestando così un approccio e un livello di controllo sempre più scientifico.

[1] Vedi: Maturana H., Varela F., Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia, 1985, in, Cesare Del Vescovo, Il paesaggio dell’informazione, Ed. Diagonale, Roma, 2001 Maturana H., Varela F., Autopoiesi e cognizione, Marsilio, Venezia, 1985
[2] Cfr. Robert Venturi, Complessità e contraddizioni nell’architettura, Edizioni Dedalo, Bari, 1980

NURBS DEFORMATION

giovedì 8 maggio 2008

NURBSCAPES.I PAESAGGI DELLA DEFORMAZIONE

REIFICAZIONE: NURBSCAPES

Accogliendo la complessità come inclusione delle contraddizioni e/o incertezze della contemporaneità, i differenti elementi (ambienti sensibili) del territorio-paesaggio possono coesistere e sovrapporsi in un equilibrio instabile espressione del proprio stato tensionale. Architettura e paesaggio diventano, così, un'unità organica, proponendo forme insolite che nascono da nuovi processi dinamici. Non vengono solo applicati nuovi caratteri teorici concettuali conformativi e spaziali del paesaggio ma si abbraccia un altro paradigma contemporaneo, quello digitale. Attraverso lo strumento delle Nurbs e delle Meshes suolo architettura e paesaggio si contaminano, si integrano, si ibridano. Il concetto di topografia piuttosto che volumetria e l'applicazione dei mezzi informatici consente di ottenere una deformazione degli antichi riferimenti euclidei trasformando il paesaggio in spazi dinamici, movimenti di intersezioni e flussi direzionali.


Bibliografia di riferimento:
Collana IT REVOLUTIONS:
- Francesco De Luca, Dietro le quinte. Tecniche d'avanguardia nella progettazione contemporanea, Testo & Immagine, 2003
- Marco Galofaro, Riscatto virtuale. Una nuova Fenice a Venezia, Testo & Immagine, 2001
Libro TEMATICO:
- Cesare Del Vescovo, Il paesaggio dell'informazione, Diagonale, 2001, Roma
Libro EXTRADISCIPLINARE:
- Michele Emmer, Mathlandia. Dal mondo piatto alle hypersuperfici, Testo & Immagine
- Michele Emmer, Matematica e cultura 2008, Springer Velag

lunedì 21 aprile 2008

Commento

Nooooooo, ce l'ho fatta, fatto il blog ora si parte per destinazione seminario del prof Saggio......